Su Il Quotidiano del Sud del 22.06.2024
L’evento – La presentazione a Palazzo Marzano dell’ultimo libro di Lucio Luca
Una storia vera ambientata in Sicilia in cui i buoni diventano cattivi e viceversa
di Francesco Lo Duca
“La vicenda è la fotografia più nitida di cosa sia la Sicilia: la terra dei paradossi, dove nulla è ciò che sembra, il bianco spesso non è del tutto bianco e il nero non è del tutto nero.
Questa è una storia tipicamente sciasciana, in cui i buoni diventano cattivi e i cattivi diventano buoni, l’icona invece non era icona, l’imprenditore mafioso non era mafioso”.
E’ un passaggio di Lucio Luca alla presentazione del suo nuovo libro “La notte dell’antimafia. Una storia italiana di potere e corruzione e giustizia negata” Compagnia Editoriale Aliberti, 2024, avvenuta nello storico e suggestivo palazzo Marzano di Vibo Valentia.
Con l’autore ha conversato Titti Marzano, operatore culturale dell’associazione di promozione sociale “L’isola che non c’è” che l’altro ieri ha organizzato l’evento.
La vicenda raccontata da Lucio Luca, scrittore giornalista che da oltre trent’anni lavora a “Repubblica”, trae spunto dal più grande scandalo dell’antimafia siciliana, quello delle Misure di prevenzione guidate da una presidente condannata in via definitiva per corruzione e concussione. È un romanzo tratto da “una incredibile storia vera che intreccia proprio la mafia all’antimafia“ in una terra, la Sicilia, nella quale spesso “i confini tra il bene e il male sono labili e indecifrabili”.
Dal 2015, virgola parte in maniera del tutto casuale un’indagine, con 1300 pagine di intercettazione compilate dalla Guardia di Finanza, dalla quale emerge un sistema criminale incredibile: “Viene fuori questo cerchio magico – ha riportato l’autore del libro – che la giudice Silvana Saguto, con la complicità di una serie di amministratori giudiziari, ai quali dava quasi sempre gli incarichi, di professori universitari e di personaggi eminenti delle istituzioni, come un prefetto di Palermo, spolpa di fatto le aziende sequestrate alla mafia o a imprenditori accusati, sospettati di essere mafiosi, allungando i tempi dei procedimenti alle misure di prevenzione che dovrebbero durare massimo due anni, ma a volte duravano anche venti anni”.
Il libro dallo stile linguistico “fluido e semplice”, alterna capitoli dedicati alla Saguto, dove è lei che parla e racconta la sua vita, “al di fuori e al di sopra di qualsiasi regola”, dominata da un delirio di onnipotenza, messa parallelo con la vicenda di un imprenditore che da questo sistema è stato letteralmente distrutto. “Eppure un tempo non era così. La dottoressa – si legge da un estratto del libro – un tempo, quando faceva la magistrata inquirente, indagava sui legami tra mafia e politica, arrestava boss e colletti bianchi e non aveva paura di niente e di nessuno. Lavorava come un mulo, Silvana, chiusa sempre nel suo ufficio, nel bunker del tribunale. Cercava prove contro i criminali e quasi sempre le trovava. “ Io a Riina gli ho fatto prendere 16 ergastoli” era la sua frase preferita, quando un nuovo “cliente”, uno di quelli a cui aveva tolto pure le mutande, andava a supplicarla in ufficio per lasciargli almeno un tetto per la sua famiglia. Ma da quando l’avevano messa a guidare le misure di prevenzione qualcosa in lei era cambiato. Gestire patrimoni sterminati, assegnare i beni a quell’amministratore giudiziario piuttosto che a quell’altro, maneggiare denaro che una persona normale non vedrebbe manco in dieci o cento vite intere, le aveva dato alla testa”.
Nel corso della conversazione, Titty Marzano ha affermato che Lucio Luca “E’ uno scrittore che si interessa di argomenti scomodi”, menzionando un’altro suo libro “Quattro centesimi a riga. Morire di giornalismo”, in cui si narra della storia di un giornalista calabrese, Alessandro Bozzo, che alla soglia dei quarant’anni, arrivato con un carico di minacce da parte della ‘ndrangheta, decide di mettere fine alla propria vita, piegato dal peso di un’esistenza diventata per lui ormai insopportabile. ”Quattro centesimi a riga” racconta, attraverso la vicenda personale di Alessandro Bozzo, il precariato del giornalismo italiano, soprattutto al sud e nelle periferie: insicurezza, sfruttamento, salari al di sotto della decenza, pressioni psicologiche, mobbing, editori senza scrupoli e quotidiane intimidazioni. “È una storia drammatica e scomoda – ha detto Lucio Luca – perché rivela l’altra faccia del giornalismo in Italia, la situazione reale, dove tre giornalisti su quattro non hanno un contratto e il 75% guadagna cinquemila euro lordi l’anno. Mi piaceva raccontare questa storia simbolo, perché noi giornalisti nei giornali raccontiamo il precariato degli altri, ma non raccontiamo mai del nostro precariato”.