di Diego Vian
Vorrei spendere oggi alcune parole sulla Compassion Focused Therapy, modello terapeutico ideato da Paul Gilbert (1951), psicologo e ricercatore britannico, che da anni si concentra sulla compassione come sensibilità verso la sofferenza di noi stessi e degli altri unita a un profondo impegno nel tentare di alleviarla e prevenirla. In base a questa definizione, essa chiede determinate qualità mentali. Innanzitutto, è necessario sviluppare una disponibilità a prestare attenzione alle esperienze interne difficili (Mindfulness), senza rifiutarle evitarle ignorarle, o semplicemente ricorrere ad altre modalità poco funzionali quali le dipendenze. Ciò significa imparare ad avere la forza e il coraggio di affrontare le nostre difficoltà e quelle degli altri anziché evitarle. Per questa ragione la compassione fornisce il terreno su cui basare la saggezza e il coraggio utili per affrontare la verità della vita.
Uno dei pilastri della compassione e la saggezza appunto. Ciò significa che se vogliamo sviluppare una mente compassionevole è importante imparare a capire come e perché soffriamo: questo rappresenta un passo fondamentale per alleviare il nostro dolore. È uno dei modi di cui ci possiamo avvalere della saggezza è guardare il nostro cervello e la nostra mente come organi complessi della realtà. La nostra mente è spesso difficile e caotica e allo stesso tempo però è necessario essere consapevoli che è il frutto di un’evoluzione. E nessuno di noi è colpevole di questa condizione. In altre parole, non abbiamo scelto noi di avere un cervello con competenze legate alle emozioni e al pensiero complesso, e non abbiamo scelto noi di avere un cervello che può rimanere intrappolato in cortocircuiti.
Ciò che possiamo fare è imparare a tenere i cortocircuiti tra pensieri e sensazioni con leggerezza(Mindfulness), per essere consapevoli ma allo stesso tempo non sentirsi obbligati a combatterli o ignorarli, spingerli via dalla mente o arrendersi ad essi. Possiamo invece semplicemente notarli e osservarli proprio come un qualsiasi altro prodotto della mente che non abbiamo scelto di avere.
Anche la Compassion come tutti gli altri modelli terapeutici si avvale di diversi concetti. Ne indico qui rapidamente i principali:
Il sistema di protezione (Rosso). La funzione di questo sistema (conosciuto semplicemente come sistema della minaccia) è dirigere l’attenzione verso stimoli minacciosi e motivarsi a difenderci e metterci in salvo. È collegato ad alcuni aspetti della nostra risposta allo stress, come il sistema nervoso simpatico e l’asse ipotalamo ipofisi surrene che, generalmente innescano una risposta di attivazione.
Il sistema di ricerca di stimoli e risorse (Blu), ovvero la motivazione a cercare risorse vantaggiose per la sopravvivenza e le opportunità per riprodursi. E’ un sistema associato a sostanze chimiche presenti nel cervello (es. dopamina) e nel corpo legate alla ricerca della ricompensa e del piacere.
Il sistema calmante e di affiliazione (Verde), che ci permette di essere sensibili ai segnali di gentilezza cura e affetto trasmessi dagli altri. Sono molte le prove che dimostrano che il sistema calmante di affiliazione contribuisce naturalmente a regolare o bilanciare l’attività del sistema della minaccia. E’ noto che l’ossitocina sembra avere un naturale impatto calmante sugli ormoni dello stress e sulle aree cerebrali associate al sistema della minaccia.
Questi presupposti che introducono il concetto di sé compassionevole, definibile come un’entità tra le tante costellazioni identitarie della singola persona. Il Sé compassionevole si compone di saggezza, come abbiamo visto prima, coraggio, forza, desiderio di aiutare, gentilezza verso se stessi e verso gli altri, capacità di assumersi le proprie responsabilità e mettere gli altri nelle condizioni di assumersi le loro.
Nella Compassion focused Therapy il rapporto con l’altro assume un’importanza fondamentale. Le ricerche hanno scoperto che quando le persone hanno la possibilità di rivolgersi agli altri per ottenere sostegno, rassicurazione, cura, incoraggiamento tendono ad avere livelli minori di stress, meno problemi di salute mentali e maggiori esperienze di benessere; quando non possono rivolgersi agli altri le persone possono esperire le stesse esperienze positive guardandosi dentro, accedendo quindi ad altre forme di sostegno interiore e rassicurazione cura e incoraggiamento per se stessi.
Di seguito i tre flussi della compassione:
- La compassione che fluisce verso l’esterno: prestare attenzione ai bisogni e ai sentimenti degli altri e desiderare di aiutarli. In altre parole, nutrire intenzioni e sentimenti legati al prendersi cura degli altri (desiderare che siano felici liberi dal dolore e che abbiano successo) non giova solamente a essi ma può avere un impatto positivo anche su chi esercita la compassione. La ricerca sta evidenziando sempre più come essere gentili compassionevoli e premurosi nei confronti degli altri possa avere effetti positivi sul cervello sul corpo e sul benessere generale.
- La compassione che fluisce verso l’interno: prestare attenzione alla compassione degli altri nei nostri confronti accoglierla e accettarla. Sentirsi accuditi può avere profondi effetti sul nostro sistema nervoso ci aiuta a ridurre il nostro disagio ci consente di tollerare le difficoltà della vita di scoprire e affrontare il mondo con sicurezza.
- la compassione per se stessi: prestare attenzione ai nostri sentimenti e ai nostri bisogni, assecondarli al fine di aiutare noi stessi e alleviare le nostre difficoltà (auto compassione); compassione per se stessi implica diventare maggiormente sensibile al proprio dolore e trovare il modo di alleviarlo. È una delle forme di compassione più difficili da attuare e molto spesso evitiamo di fare ciò che può cambiare la nostra vita. Questo perché il cambiamento è difficile e faticoso, e le paure ci sovrastano o sembrano ostacoli insormontabili. Tuttavia come scrisse S. Freud, “Dalle nostre vulnerabilità, deriverà la nostra forza”.[i]
[i] Si veda:
- Beaumont, C. Irons, Il quaderno della compassione, Ed. Mindhelp.
Compassion Focused Therapy, a cura di P. Gilbert e G. Simos, Ed. Erickson.